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Stranieri essenziali per l’agricoltura

19/06/2012

La raccolta di frutta e la vendemmia assorbono poco più della metà dei lavoratori stranieri

In soli quindici anni il numero di immigrati occupati nel settore primario è quasi quadruplicato, passando dalle 52 mila unità del 1995 alle 197 mila unità del 2010. Il dato arriva dalla Confederazione italiana agricoltori. Si tratta – afferma la Cia – di una “fetta” rilevante del comparto, pari al 20 per cento circa del totale, che dimostra e racconta il ruolo indispensabile assunto negli anni dai cittadini immigrati in campagna e sui campi.
La raccolta di frutta e la vendemmia -ricorda la Cia - assorbono poco più della metà dei lavoratori stranieri (53,8 per cento). Per il resto, un terzo (29,9 per cento) è impiegato nella preparazione e raccolta di pomodoro, ortaggi e tabacco; il 10,6 per cento nelle attività di allevamento; il 3,2 per cento al florovivaismo e il restante 3,5 per cento in altre attività come l’agriturismo o la vendita dei prodotti.
Per tunisini, indiani, marocchini, albanesi e pachistani il lavoro nei campi è ancora e soprattutto al Nord Italia, in particolare in Trentino (27 per cento), Emilia Romagna (12,7 per cento) e Veneto (10 per cento). Percentuali elevate si registrano comunque anche nel Sud, prima di tutto in Campania (10 per cento), Puglia (9 per cento) e Calabria (7,5 per cento).
Ma il dato forse più rilevante – conclude la Cia – che rende chiaro l’altissimo livello di qualificazione e di specializzazione raggiunto dagli immigrati nel settore primario, e in particolare nei comparti delle colture arboree e ortive- è la crescita del numero di imprese agricole a titolarità straniera: oggi sono circa 7mila, in pratica l’1,5 per cento del totale delle aziende del settore.

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Pubblicato il: Martedì, 19 Giugno 2012 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

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