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Stranieri, anzi, europei!

01/01/2007

30 milioni di nuovi cittadini europei sono entrati nell’Unione. Ma Romania e Bulgaria devono portare a termine le necessarie riforme...

30 milioni di nuovi cittadini europei sono entrati nell’Unione. Ma Romania e Bulgaria devono portare a termine le necessarie riforme. Il piccolo David, venuto alla luce a Roma poco dopo la mezzanotte fra il 31 dicembre 2006 e il primo gennaio 2007, non è il primo nato dell’anno in Italia. Più “veloci” di lui sono stati due italiani, venuti alla luce a Milano e Napoli. Ma sul piano simbolico il suo arrivo ha un particolare significato: si tratta del primo bimbo romeno nato in Italia dall’entrata di Romania e Bulgaria nella UE (avvenuta ufficialmente proprio a mezzanotte fra il 31/12 e l’1/01). In Italia quindi, e negli altri stati dell’Unione, David non dovrebbe essere mai chiamato straniero. Come forse pochi addetti ai lavori sanno, infatti, nei paesi UE la parola straniero indicherebbe solo i cittadini degli stati al di fuori dell’Unione. Ma al di là dell’abuso della parola straniero, che l’allargamento europeo ma soprattutto una visione europea dovrebbero progressivamente ridurre, sul piano istituzionale Romania e Bulgaria portano a 27 il numero degli stati membri della UE. Accanto a questo importante arricchimento, con la Slovenia (entrata nell’Unione nel 2004) cresce anche il numero dei paesi che adottano la moneta unica europea. Ma torniamo a Romania e Bulgaria. Risale alla fine dello scorso mese di settembre la notizia dell’imminente entrata in Europa dei due stati. In quei giorni la Commissione europea aveva dato il via libera ufficiale, ma erano emerse alcune lacune sulle riforme effettuate nei due paesi. “Bulgaria e Romania – venne detto allora – saranno seguite nel processo di attuazione delle necessarie riforme”. A tal proposito, Sofia e Bucarest dovranno presentare ogni sei mesi un rapporto all’Unione.

Ma cosa si aspettano i tanti romeni che vivono in Trentino dall’entrata nella UE? “Penso che i romeni non vorranno più venire a lavorare in Italia – ci ha raccontato Elisabetta, una signora romena che in Italia è venuta per la prima volta nel 1990 e dal 2002 vive in Trentino, dove ha sposato un cittadino del posto – perché credo che gli stipendi si dovranno allineare a quelli degli altri stati europei. Forse anche la situazione in Romania migliorerà e sarà simile a quella che c’è in Italia. Io, ad esempio, vorrei tornare in Romania per sempre e avviare un’azienda italo-romena nella mia città”. “Credo che i romeni che lavorano in Trentino si siano ben integrati” ci ha detto Dumitru, da 13 anni in Italia; “non so poi se cambierà l’atteggiamento degli italiani nei nostri confronti. Alcuni dicono che noi rubiamo loro il lavoro e che lo stato italiano aiuta più gli immigrati di loro. Io penso che questa situazione si manterrà anche in futuro, nonostante il fatto che la Romania sia nell’Unione europea”. “Anche se vivo da 10 anni in Trentino, mi sento sola qui” ci ha detto una signora che possiede la cittadinanza romena–ungherese; “ho delle conoscenze, ma mi manca il calore del mio paese e spero di tornare presto a vivere in Romania”.

Intanto, delusi ma ottimisti, i romeni guardano al futuro “L’obiettivo principale delle autorità romene è quello di modernizzare la Romania” ha affermato il presidente rumeno, Traian Basescu, come riportato dal settimanale “Attualità romena”. Riguardo gli eventuali flussi di romeni in cerca di lavoro nei paesi dell’Unione europea, il presidente ha dichiarato che “La Romania vuol essere un paese dinamico in cui i cittadini trovano lavoro a casa loro”. La dichiarazione di Traian Basescu viene ribadita anche dal ministro del lavoro romeno, Gheorghe Barbu. “I romeni – ha sottolineato il ministro – sono molto legati alle proprie famiglie e ai propri luoghi natali. Inoltre le prospettive del progresso economico del paese e la possibilità di lavorare qua saranno motivazioni abbastanza valide da tenerli a casa e da non farli emigrare nell’Unione europea. D’altra parte, molti dei romeni emigrati tornano a casa”. Il ministro Barbu sostiene che circa 300mila romeni andranno via nei primi anni dopo l’adesione della Romania all’UE, precisando che coloro che hanno voluto lasciare la Romania l’hanno già fatto. Nonostante le assicurazioni del ministro del lavoro romeno, uno studio dell’Università di Galati rileva che l’11% degli studenti romeni intende emigrare dopo aver preso il diploma di liceo. Tra le cause prevale quella di trovare un lavoro pagato meglio rispetto allo stipendio che si potrebbe percepire in Romania. Dallo studio emerge che a spingere i giovani romeni ad emigrare sono le famiglie e gli amici che lavorano già all’estero. Secondo uno studio della fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, Scadplus, i romeni sono tra i più poveri abitanti dell’Europa ma sono ottimisti per quanto riguarda il loro futuro. Lo stipendio medio mensile è intorno ai 200 euro. Le delusioni di fronte al ritmo lento delle riforme e gli stipendi bassi – rileva lo studio – hanno spinto tanti romeni a lasciare il paese creando un deficit di manodopera nei settori edile e sanitario. Circa due milioni di romeni sono emigrati negli ultimi due anni e quelli rimasti sono scontenti della qualità della vita.

SCHEDA le tappe dell’Unione europea 1957 I Trattati di Roma istituiscono la Comunità economica europea di cui fanno parte Belgio, Germania Occidentale, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi 1973 Irlanda, Regno Unito e Danimarca entrano nella Cee 1981 Grecia entra nella Cee 1986 Spagna e Portogallo entrano nella Cee 1993 Col Trattato di Maastricht nasce l'Unione europea composta da: Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Irlanda, Regno Unito, Danimarca, Grecia, Spagna e Portogallo. 1995 Austria, Svezia e Finlandia entrano nell'Ue 2004 Polonia, Slovenia, Ungheria, Malta, Cipro, Lettonia, Estonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia entrano nell'Ue 2007 Bulgaria e Romania entrano nell'Ue.

 

 
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Pubblicato il: Venerdì, 07 Settembre 2007 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

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