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Protesta alla “Fersina”, alcune considerazioni

18/03/2017

Diverse e contrastanti le letture dei recenti fatti nella struttura di accoglienza

Il tema immigrazione, in particolare l'accoglienza dei richiedenti asilo, è un argomento che come pochi altri riesce a dividere la comunità su fronti opposti. Le posizioni di autentico equilibrio sono assai rare e, trovandosi lontane dai flussi ideologici “mainstream”, assai impopolari. Tuttavia, un approccio equilibrato a tale tematica appare opportuno e, per la pubblica amministrazione, doveroso. Un equilibrio inteso non come fredda interpretazione e risposta rispetto a un dramma umano di portata internazionale che è sotto gli occhi di tutti, ma come lucida, ponderata e documentata analisi del fenomeno al fine di approntare opportune e solidali risposte.
In Trentino tale impostazione di metodo poggia sulla solida tradizione di accoglienza della comunità e trova preciso riferimento nelle politiche provinciali in materia di immigrazione. Una linea adottata anche nel campo dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, ambito in cui l'impegno della Provincia si è concretizzato ben prima che il fenomeno assumesse rilevanti proporzioni, aderendo da diversi anni al progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).
Chi si adopera quotidianamente in questo ambito è consapevole, vista la dicotomia che caratterizza la percezione del “tema profughi” da parte della pubblica opinione, di trovarsi “tra due fuochi”, tra due schieramenti spesso ideologicamente connotati: quello di coloro che ritengono si faccia “troppo” e quello di coloro che credono si faccia “troppo poco”. Fermo restando il rispetto di tutte le opinioni, sconforta notare che spesso entrambe le posizioni partono da una – volutamente? – poco approfondita conoscenza del locale sistema di accoglienza, del rapporto Stato-Regioni (e Province autonome) e della complessità stessa del tema in questione.
La maturazione della “massa critica”, pro o contro il fenomeno migratorio, si nutre quindi frequentemente, soprattutto nell'era dei social e delle “bufale” online, non di dati ma di idee preconfezionate. Capita quindi che una stessa vicenda venga letta in modo diametralmente opposto, diventando spunto per avallare l'una o l'altra posizione. I fatti, nella loro complessità, rischiano di essere non il banco di prova, ma di conferma.
Quanto accaduto recentemente alla residenza Fersina a Trento è stato raccontato e interpretato, in alcuni casi, secondo tali dinamiche. Ecco che quindi fra le diverse letture si alternano affermazioni che parlano di “fallimento del sistema trentino di accoglienza” e interventi che raccontano di “privazione della dignità” dei migranti accolti. Entrambe le posizioni sembrano ignorare le prerogative del progetto trentino di accoglienza, ma soprattutto le difficoltà che caratterizzano un impegno h24 nel rispondere alle richieste di aiuto delle circa 1.450 persone accolte in Trentino. Un sistema che si relaziona, a sua volta, con la più ampia risposta del Paese ai richiedenti asilo che dallo Stato vengono “assegnati” ai diversi territori.
A questo dovere di accoglienza il Trentino ha deciso di rispondere con una diretta assunzione di responsabilità da parte della Provincia che, come è noto, si avvale sul piano operativo della collaborazione del terzo settore. In altre parole, per quanto le compete la Provincia autonoma di Trento governa il fenomeno dei richiedenti asilo con un progetto che pone al centro la persona accolta e la comunità che la accoglie. Ciò attuando principi di cui solo oggi si parla nel contesto nazionale, ma che in Trentino si sono concretizzati da tempo: valorizzazione delle persone, reciprocità, accoglienza diffusa, solo per citarne alcuni.
Appare curioso leggere, fra i diversi commenti sui fatti della “Fersina”, che tali proteste sono “l’unico modo che i richiedenti asilo hanno di richiamare l’attenzione e potere incontrare i massimi responsabili dell’accoglienza”. A tal proposito è bene precisare che viene costantemente ribadito, ai migranti, che per ogni esigenza, osservazione o rimostranza è possibile rivolgersi agli operatori dell'accoglienza che sono in costante e diretto dialogo con il coordinamento del progetto. È sufficiente entrare in una struttura di accoglienza per avere dimostrazione di tale dialogo e della costante disponibilità di operatori che appartengono a realtà del privato sociale improntate – secondo Statuto – a valori di concreta solidarietà, sostegno e vicinanza.
Detto questo, innumerevoli volte il coordinatore del Cinformi e il dirigente di Dipartimento si sono recati personalmente nelle strutture (grandi e piccole) per avere diretto riscontro di eventuali problematiche o criticità. Non v'è quindi alcun bisogno di inscenare plateali forme di protesta laddove esistono – come nel progetto trentino di accoglienza – canali di comunicazione che consentono al singolo come al gruppo di manifestare eventuali disagi. In ogni caso, la Provincia non ha definito inaccettabili le proteste, ma le pretese. Soprattutto quando tali pretese ignorano ciò che è di competenza della Provincia e ciò che è di competenza dello Stato, nel rispetto dei reciproci ruoli; quando ignorano le evidenti problematiche che si pongono nel servire pasti su grandi numeri, sia che si tratti di persone vulnerabili in accoglienza, sia che si tratti di una festa in piazza; infine, quando ignorano le difficoltà nel trovare sistemazioni alloggiative sul territorio.
Fermo restando che, come è stato sottolineato dallo stesso coordinamento dell'accoglienza, la protesta della “Fersina” si è svolta entro i limiti del comportamento civile, definire tale episodio “un'assemblea partecipata” e “un’occasione di confronto e di dibattito anche serena” appare una singolare interpretazione di quanto accaduto. Un'interpretazione che sembra lontana dalla lucida posizione di solido e solidale equilibrio che oggi più che mai manca nel dibattito sul tema immigrazione.

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Pubblicato il: Venerdì, 17 Marzo 2017 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

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