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Immigrazione, l’effetto pandemia

14/10/2021

Le ricadute sul piano demografico, lavorativo e sociale nel Rapporto Caritas/Migrantes 2021

La pandemia da Covid-19 ha profondamente segnato le dinamiche dei percorsi migratori, sia in termini di spostamenti che in termini di condizioni socio-lavorative nei Paesi meta di immigrazione. Aspetti questi (e molti altri) presi in esame dal 30° Rapporto Immigrazione (edizione 2021) di Caritas/Migrantes, presentato il 14 ottobre 2021 e intitolato “Verso un noi sempre più grande”.

Migrazioni internazionali
Il numero di persone che vivono fuori dal proprio Paese di origine ha raggiunto nel 2020 la cifra record di 280,6 milioni (+8,4 milioni rispetto all’anno precedente) ovvero il 3,6% della popolazione mondiale. La maggior parte dei migranti internazionali proviene da Paesi a reddito medio, mentre solo il 13% da Paesi a reddito basso, anche se la quota di questi è aumentata significativamente negli ultimi 20 anni in concomitanza con la crescita delle crisi umanitarie che hanno interessato molte aree del pianeta. A livello continentale, l’Europa continua ad essere l’area più interessata dalla mobilità umana, con quasi 87 milioni di migranti, molti dei quali sono cittadini europei che si sono spostati all’interno dell’area Schengen.
Con riferimento ai Paesi di origine, l’India rimane al vertice della classifica: nel 2020 ben 18 milioni di indiani vivevano al di fuori del Paese. Altre importanti diaspore sono quella messicana e russa, con 11 milioni di emigrati ciascuna. Seguono quella cinese (10 milioni) e siriana (8 milioni). Circa l’origine dei migranti forzati, i dati riferiti al 2020 evidenziano una realtà molto polarizzata in due aree del pianeta: il Medio Oriente e il Sud America. Un quinto degli sfollati registrati a livello globale proviene dalla Siria (6,7 milioni) mentre in un caso su sei dalla Palestina (5,7 milioni). Il Venezuela ha il terzo maggior numero di sfollati internazionali al mondo, con oltre 4 milioni di profughi all’estero.

Quadro italiano
La tendenza alla progressiva diminuzione della popolazione italiana, già evidenziata nelle precedenti edizioni del Rapporto Immigrazione, inizia a coinvolgere nel 2021 anche la popolazione di origine straniera, che è passata dai 5.306.548 del 2020 agli attuali 5.035.643 (-5,1%). La diminuzione complessiva della popolazione in Italia è ancora più cospicua (-6,4%), attestandosi sui 59.257.600, che corrispondono a 987 mila residenti in meno rispetto all’anno precedente. Anche i movimenti migratori hanno subito una drastica riduzione (-17,4%). Si comincia ad osservare, dunque, tramite gli indicatori demografici l’“effetto pandemia” che si è attestato in altri ambiti sociali.
Quanto ai titolari di permesso di soggiorno ed i motivi, il ministero dell’Interno riporta un totale di 3.696.697 cittadini stranieri, la maggior parte dei quali in possesso di permesso di soggiorno per motivi di famiglia (48,9% del totale, +9,1% rispetto al 2019), seguiti da quelli per lavoro (43,4% e +12,1% dal 2019). La terza tipologia continua ad essere rappresentata dai motivi di protezione internazionale (5,0%), comprese le forme di tutela speciale o ex umanitaria.

Pandemia e lavoro
La condizione occupazionale dei lavoratori stranieri già presenti in Italia ha subito un forte contraccolpo a causa della pandemia. Il tasso di disoccupazione dei cittadini stranieri (13,1%) è superiore a quello dei cittadini italiani (8,7%), mentre il tasso di occupazione degli stranieri (60,6%) si è ridotto più intensamente, tanto da risultare inferiore a quello degli autoctoni (62,8%). Le donne immigrate hanno sofferto la crisi molto di più dei loro omologhi di sesso maschile, con una riduzione del tasso di occupazione due volte maggiore.

Pandemia e ricadute sociali
I cittadini stranieri sono tra i gruppi sociali più esposti alla povertà, non solo economica ma anche educativa, relazionale e sanitaria. In tal senso, i dati della statistica ufficiale parlano chiaro: se negli anni di pre-pandemia la povertà assoluta nelle famiglie di soli stranieri si attestava al 24,4% (quasi un nucleo su quattro, secondo i parametri Istat, non arrivava a un livello di vita dignitoso), in tempi di Covid-19 il tutto è stato inevitabilmente esacerbato; oggi risulta povera in termini assoluti più di una famiglia su quattro (il 26,7%), a fronte di un’incidenza del 6% registrata tra le famiglie di soli italiani. Nel corso di un anno, l’incidenza è salita del +2,3%, portando il numero di famiglie straniere povere a 568 mila. Tra le persone aiutate dalle strutture Caritas, i cittadini stranieri rappresentano il 52%,

Scuola
Gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2019/2020 sono, in valori assoluti, 876.801. La percentuale, sul totale della popolazione scolastica è del 10,3%. Il ritmo d’aumento ha iniziato a decrescere dal 2018. La loro presenza nei diversi ordini scolastici conferma la prevalenza, negli ultimi quindici anni, della scuola primaria, ma il dato più interessante è l’aumento progressivo della presenza negli istituti di scuola secondaria di secondo grado: un indicatore della spinta delle seconde generazioni e dell’aumento della frequenza degli studenti con cittadinanza non italiana.

Violenza domestica e sfruttamento
La pandemia ha purtroppo acuito l’esposizione delle vittime di violenza e di sfruttamento, rendendole di fatto più invisibili e meno libere di potersi sottrarre alle aggressioni e ai condizionamenti. Durante il primo lockdown, i dati del Numero Verde Antiviolenza e stalking riportano una diminuzione dei casi denunciati, riconducibile alla difficoltà per le donne, dovuta anche alla costante presenza del partner in casa, di raggiungere luoghi idonei ad accoglierle e di presentare eventuali denunce/querele. Le donne migranti rappresentano all’incirca la metà delle donne assistite nei centri antiviolenza ed un 55%-60% delle ospiti delle case rifugio.

Immigrazione nei media
L’emergenza sanitaria ha per certi versi soppiantato le «emergenze» riconducibili alla mobilità: «emergenza sbarchi», «emergenza Lampedusa», «emergenza umanitaria», ma ha anche nuovamente risucchiato i migranti entro questa cornice, collegandoli all’aumentato rischio di diffusione del contagio e presentandoli come possibili “untori”. Nella narrazione mediatica dell’immigrazione straniera in Italia la persona migrante vive in realtà una peculiare condizione di presenza-assenza. Presenza, per il perdurante protagonismo mediatico; assenza per tutti i limiti di approccio e di contenuto che caratterizzano l’attuale e principale corrente in campo comunicativo e per la scarsa considerazione positiva di cui gode il tema presso gli italiani.

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Pubblicato il: Giovedì, 14 Ottobre 2021

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