15/07/2013
Presentato il Terzo Rapporto annuale sul mercato del lavoro degli immigratiImmigrati più colpiti dalla crisi
I lavoratori stranieri occupati nel 2008 erano 1,75 milioni e a distanza di cinque anni il loro numero è salito a 2,3 milioni, il dieci per cento del totale. L’aumento ha riguardato sia la componente maschile, che cresce di 250mila unità, sia quella femminile, che passa dalle 701mila unità del 2008 ad oltre un milione nel 2012. Ma nonostante la crescita in valore assoluto dell’occupazione straniera e, parallelamente, la diminuzione della componente italiana di circa un milione di unità, diversi indicatori convergono nel segnalare come la crisi abbia colpito in misura relativamente più accentuata proprio la componente immigrata.
Ad affermarlo è il Terzo Rapporto annuale sul mercato del lavoro degli immigrati, curato dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
La prima evidenza – afferma lo studio – è rappresentata dalla crescita esponenziale della disoccupazione. Nel 2008 gli stranieri in cerca di lavoro erano 162mila di cui 94mila donne e 67mila uomini. Nel 2012 i disoccupati stranieri sono 382mila di cui 193mila donne e 190mila uomini. Non solo, quindi, nei cinque anni di crisi la disoccupazione cresce di oltre 220mila unità, ma l’aumento esponenziale della componente maschile (123mila disoccupati in più) segnala un fenomeno nuovo, di forte destabilizzazione sociale per tutte le comunità straniere. L’aumento è dovuto, in larga misura, all’espulsione di lavoratori stranieri dai comparti produttivi manifatturieri (cui si aggiunge una componente di “giovani” ex inattivi – spesso di seconda generazione – in fase di transizione dalla scuola alla vita adulta e professionale) generando, quindi, un diverso impatto sulle comunità straniere, maggiore per quelle più inserite nel settore industriale, minore per le comunità più caratterizzate dal lavoro nei servizi alle famiglie.
Ma non è solo nell’aumento della disoccupazione o nel ridimensionamento della domanda nel settore manifatturiero – afferma il Rapporto – che è possibile cogliere l’effetto della crisi sulla componente straniera delle forze di lavoro. Nel 2008 il 29% dei lavoratori stranieri era impegnato in mansioni non qualificate, percentuale che nel 2012 raggiunge il 34%, mentre si riducono nettamente le posizioni “qualificate” che passano dall’8,2% del 2008 al 5,9% del 2012. La crescita della domanda, quindi, sembra condizionata e circoscritta a mansioni sempre più “povere” e comunque concentrata su poche professioni (nel 2012 le assistenti domiciliari e le collaboratrici domestiche rappresentano più della metà delle occupate straniere).
Infine – si afferma nello studio – come segnala il recente Rapporto annuale 2013 dell’ISTAT, contribuiscono a rappresentare gli effetti della crisi sui lavoratori immigrati tre fenomeni: l’aumento dei livelli di “sovra istruzione” dei lavoratori stranieri (ossia svolgere mansioni sottodimensionate rispetto al proprio livello di istruzione/qualificazione); la crescita dei fenomeni di sottoccupazione e l’aumento del divario delle retribuzioni medie rispetto a quelle dei lavoratori italiani. Per quanto riguarda il primo, nel 2012 risultavano sovra istruiti il 41% dei lavoratori stranieri, una percentuale in crescita se si considera che nel 2008 erano il 39%. Il secondo fenomeno riguarda il volume di ore lavorate, indicatore che descrive non solo l’intensità della domanda, ma appunto il livello di utilizzazione dei lavoratori. Nel 2008 risultavano sottoccupati il 7% dei lavoratori stranieri e nel 2012 la quota sale al 10,7%, 6 punti percentuali in più rispetto a quella degli occupati italiani.
Le condizioni lavorative più svantaggiate – prosegue il rapporto – si riflettono anche sulla retribuzione netta mensile che, per gli stranieri, è, in media, più bassa e si attesta, nel 2012, a 968 euro contro i 1.304 euro dei lavoratori italiani (-336 euro). Nel 2008 la retribuzione netta dei lavoratori stranieri era solo lievemente maggiore (973 euro al mese), ma il divario con le retribuzioni italiane era molto minore, pari a 266 euro per mese. Si può, dunque, affermare che anche sotto il profilo delle retribuzioni la crisi abbia penalizzato la componente straniera del mercato del lavoro.