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Immigrati e pandemia: contagi e lavoro nel primo lockdown

05/04/2021

Indagine Ismu nelle province di Milano, Bergamo, Brescia e Cremona

Tra la popolazione immigrata quante persone si sono ammalate di Covid-19 durante il primo lockdown (marzo-maggio 2020)? E qual è stato in quel periodo l’impatto della pandemia sulla situazione lavorativa degli stranieri? Per rispondere a queste domande, Fondazione Ismu ha condotto un’indagine campionaria nelle quattro province lombarde di Milano, Bergamo, Brescia e Cremona (tra le più colpite dalla pandemia nei primi mesi del 2020) che ha coinvolto complessivamente 1.415 cittadini maggiorenni stranieri o con origine straniera provenienti da Paesi a forte pressione migratoria.

Il contagio durante la prima ondata (marzo-maggio 2020)
Ad aver avuto esperienza personale di infezione da Covid-19 è stato complessivamente il 4,6% degli immigrati coinvolti nell’indagine (considerando anche coloro che lo hanno saputo solo a posteriori a seguito di esame sierologico).
Le categorie di lavoratori che hanno contratto maggiormente il virus sono i socio-sanitari (11,1% con tampone positivo), gli impiegati (7,2%, di cui 2,9% con tampone positivo e 4,3% con test sierologico positivo) e gli addetti alle vendite (6,6%, di cui il 6,1% lo ha saputo solo a seguito di test sierologico).

Il lavoro durante il periodo del primo lockdown
Tra i lavoratori migranti attivi (pari all’82% dei 1.415 cittadini stranieri coinvolti nell’indagine), il 26,6% ha visto sospendere completamente le proprie attività professionali e un ulteriore 7,5% le ha dovute invece ridurre. Le categorie di lavoratori che sono state maggiormente penalizzate dal blocco delle attività sono state quelle connesse agli esercizi commerciali quali gli addetti alle vendite e ai servizi che, nella maggioranza assoluta dei casi (53%), hanno dovuto completamente sospendere l’attività; seguono gli addetti alla ristorazione/alberghi (49%) e i lavoratori del settore artigiano (34%).
L’impatto sul reddito è stato rilevante: il 51,3% ha dichiarato che il livello di reddito mensile è stato inferiore rispetto al periodo precedente alla pandemia (per il 44% invece è rimasto invariato).

La pandemia ha rallentato anche il flusso delle rimesse all’estero: il 15% del campione ha infatti dichiarato di aver ridotto o interrotto l’invio di denaro a famigliari nel Paese d'origine.

Per approfondire: comunicato Fondazione Ismu

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Pubblicato il: Lunedì, 05 Aprile 2021 - Ultima modifica: Martedì, 06 Aprile 2021

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