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Il contributo dei lavoratori immigrati in risposta a Covid-19 in Europa

13/05/2020

I risultati dell’indagine in una nota della Commissione Europea

Il contributo dei lavoratori migranti allo sforzo continuo volto a mantenere i servizi di base nell'Unione Europea durante l'epidemia Covid-19 è descritto da una nota contenuta nel report "Knowledge for policy" della Commissione europea. Gli autori quantificano la prevalenza dei lavoratori migranti nelle cosiddette "professioni chiave" che la Commissione e gli Stati membri hanno identificato utilizzando i risultati dell'ultima indagine sulle forze lavoro nell'UE.
L'attuale pandemia Covid-19 rappresenta una sfida senza precedenti per la maggior parte dei Paesi europei. La rapida diffusione del contagio ha indotto molti Stati membri a chiudere temporaneamente ampie sezioni delle loro economie con l'intento di rallentare la diffusione del virus.
Mentre la chiusura forzata ha costretto ampie sezioni della forza lavoro a casa, alcune funzioni essenziali devono essere svolte per mantenere i cittadini europei in buona salute, al sicuro e nutriti durante la pandemia. Sono i "lavoratori chiave" che svolgono questi compiti cruciali: dalle professioni altamente qualificate (ad esempio, medici o ricercatori medici) a quelle meno qualificate.
Gli autori della ricerca ritengono che, in media, circa il 31% degli occupati in età lavorativa siano “lavoratori chiave” nell'UE e siano così suddivisi: i professionisti dell'insegnamento (14,5%), i lavoratori agricoli qualificati (11,9%), i professionisti associati del settore scientifico e ingegneristico (11,1%), gli addetti all'assistenza personale (10,3%) e gli addetti alle pulizie e agli ausiliari (9,9%).

 

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Pubblicato il: Mercoledì, 13 Maggio 2020 - Ultima modifica: Venerdì, 15 Maggio 2020

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