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Il contagio dei cervelli oltre frontiera

04/06/2011

Anche l'immigrazione di altissimo livello può contribuire ad aumentare la ricchezza pubblica

Dopo il collasso dell'Unione Sovietica alcune centinaia di brillantissimi matematici russi sono emigrati negli Stati Uniti. L'arrivo di questi cervelli ha influito grandemente sul numero e sulla qualità delle pubblicazioni dei matematici americani. George Borjas, professore ad Harvard, ha illustrato al Festival dell'economia la lezione che si può trarre da questa esperienza.
Non tutti i “comunisti” sono pericolosi per il capitalismo, soprattutto se sono ex scienziati dell’Unione Sovietica e arrivano negli Stati Uniti in cerca di opportunità scientifiche. Questa immigrazione di altissimo livello può concorrere in maniera significativa a migliorare il nostro modo di lavorare, aumentando l’efficacia dei processi lavorativi e quindi, in ultima sostanza, la ricchezza pubblica.
“Tutto bene? - si chiede il professor George Borjas, docente di Havard - Non sempre per la verità, perché in presenza di risorse limitate l’arrivo di un giovane matematico russo porta alla sconfitta del giovane matematico giovane del paese ospitante. Ma più in generale abbiamo osservato fenomeni complessi. L’esempio arriva dai matematici che lasciarono la Germania nazista. Ebbene gli studenti tedeschi risentirono della partenza dei loro docenti, ma i coautori americani con i quali i matematici tedeschi andarono a lavorare, non ne trassero particolare giovamento, ovvero non ci fu alcun effetto spillover”.
Il professor George Borjas ha studiato per tre anni la migrazione dei matematici russi negli States dopo il crollo del muro (prima era impossibile scambiarsi informazioni, pena la condanna a morte). “Ebbene - osserva ancora Borjas - alcuni settori scientifici americani migliorarono grazie al contributo dei colleghi sovietici, matematici di altissimo livello, mentre altri settori subirono una vera e propria inondazione di matematici, teoremi e idee”. Insomma, alla prima migrazione si assiste nel 1991 ad una vera e propria invasione, a cui seguì un tasso di disoccupazione (12 per cento) tra i nuovi laureati americani in matematica.
Le conclusioni a cui Borjas arriva parteno da una verità/saggezza popolare: l’immigrazione altamente qualificata genera esternalità, il che rende la forza lavoro preesistente più produttiva. “Lo shock - prosegue Borjas - dell’ondata migratoria sovietica provocò la scomparsa intellettuale di matematici marginali che non riuscivano più a pubblicare nulla in ambiti dominanti dagli immigrati sovietici e una ridotta produttività dei matematici che rimasero attivi”.

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Pubblicato il: Sabato, 04 Giugno 2011 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

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