05/06/2011
Timothy J. Hatton fissa i temi fondamentali per una corretta ed equilibrata politica sull’Immigrazione“Il Sud chiama l'Europa”
Le politiche per l’immigrazione ci pongono davanti ad alcune questioni fondamentali, prima fra tutte sugli obiettivi di queste politiche e la loro reale efficacia. E ci obbligano anche a confrontare i sistemi che regolano l’immigrazione e il diritto d’asilo nei diversi paesi alla ricerca di soluzioni comuni. Timothy J. Hatton, professore presso University of Essex e l’Australian National University, fissa i temi fondamentali per una corretta ed equilibrata politica sull’Immigrazione: “Quanti immigranti vogliamo e quanti ne invitiamo, con quali caratteristiche li vogliamo, attraverso quali canali loro arriveranno e quali sono le leve politiche per armonizzare l’immigrazione con il livello desiderato e, in ultima istanza, la contrapposizione tra politiche nazionali (diverse tra paesi) e politiche europee”.
L’immigrazione porta un vantaggio al migrante perché nel nuovo paese percepirà un salario maggiore rispetto al paese d’origine. Nel paese di destinazione, i salari tenderanno ad abbassarsi ma, per contro, la ricchezza prodotta da lavoratori straniere sarà ridistribuita tra datori di lavori e altri soggetti. Quest’ultimo valore sarà molto superiore rispetto alla perdita di salari generale. Il professor Timothy J. Hatton non ha dubbi sui benefici prodotti dagli immigrati: “Il loro arrivo porta generalmente una ricchezza diffusa. Studi stimano in 156 miliardi di dollari il valore prodotto dagli immigrati nei Paesi ospitanti. I vantaggi, come detto vanno soprattutto a vantaggio degli stessi immigrati ed in parte degli imprenditori che ad essi offrono il lavoro”.
Le implicazioni politiche non mancano, anche perché l’immigrazione è spesso oggetto di dibattito. L’elettore medio non vede di buon occhio l’immigrazione, perché lo stesso fa parte dei salariati mentre imprenditori e gli stessi immigrati - i due maggiori beneficiari del fenomeno - sono generalmente favorevoli. “Ad esempio - spiega l’economista - negli Stati Uniti imprenditori molto influenti spingono per avere manodopera messicana”.
Il problema riguarda il tipo di manodopera di cui abbisogna il paese: qualificati e non qualificati. Se gli immigrati sono qualificati, a perderci sono i lavoratori nativi, ai quali andrà peggio nel caso di lavoratori stranieri non qualificati.
“Gli effetti degli immigrati sul bilancio pubblico, in particolare in tema di tasse - continua il professor Hatton -, spingeranno i lavoratori qualificati nativi saranno favorevoli all’arrivo di colleghi qualificati, con i quali divideranno la pressione fiscale, mentre loro saranno contrari all’arrivo di lavoratori non qualificati. Una variabile non certo economica è il pregiudizio che penalizza soprattutto le persone con minore istruzione e formazione. Studi confermano che i cittadini chiedono alla politica di incoraggiare l’immigrazione di persone qualificate e di scoraggiare invece l’arrivo di persone non qualificate”.
La domanda che ritorna a questo punto è come regolare il flusso in entrata? “In via preliminare - risponde l’economista -, gli studi confermano che l'orientamento della popolazione dei paesi avanzati è in gran parte neutrale rispetto all’immigrazione, soprattutto per le ragioni economiche spiegati prima ma le stesse persone non sono contrarie ad una riduzione”.
Secondo Hatton, le politiche sull’immigrazione che tentano di regolare il flusso in entrata sulla base delle necessità lavorative sono destinate ad avere effetti marginali perché gli arrivi sono determinati soprattutto per ricongiungimenti familiari o immigrati liberi, e in parte per ragioni politiche (rifugiati politici).
“Arrivare ad una politica condivisa - conclude il professor Hatton - sarà difficile per l’Unione Europea perché ogni paese preferisce perseguire politiche proprie. Se guardiamo ai risultati economici e ai vantaggi dell’immigrazione legale, ci sarebbero buone ragioni per creare un sistema centrale di incentivi per provocare l’immigrazione dai paesi poveri. La politica però spingerà per spostare a livello europeo la questione dell’immigrazione perché così otterrà un risultato immediato: non rispondere ai propri elettori di paure xenofobe e tensioni sociali che animano l’opinione pubblica”.