03/03/2010
Una nota del ministero dell’Interno ha di fatto modificato la prassi ormai consolidata relativa al rilascio del permesso CeCarta di soggiorno per familiari
Una nota del ministero dell’Interno ha di fatto modificato la prassi ormai consolidata relativa al rilascio del permesso di soggiorno Ce di soggiornante di lungo periodo (ex carta di soggiorno) ai familiari degli stranieri regolarmente residenti in Italia.
Fino a poco tempo fa, al familiare di cittadino straniero in possesso del permesso Ce, o che stava per chiederlo per sé e per il proprio familiare, veniva concesso il permesso Ce a prescindere dagli anni di regolare soggiorno del familiare.
Come è noto, la norma prevede che lo straniero in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità può chiedere al questore il rilascio del permesso Ce per sè e per i familiari (articolo 29, comma 1, T.U. immigrazione) con i seguenti requisiti:
- disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale;
- nel caso di richiesta relativa ai familiari, disponibilità di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b (cioè i parametri per il ricongiungimento familiare);
- un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero un alloggio fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.
Sin qui la procedura adottata fino a poco tempo fa.
Il dubbio interpretativo posto dall’amministrazione centrale pare nascere dal fatto che anche il familiare dello straniero debba dimostrare di essere in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità, in analogia a quanto previsto per i familiari di cittadini comunitari secondo il D. Lgs. n. 30 del 2007.
In attesa che questo dubbio venga chiarito dagli uffici statali competenti, molte Questure hanno sospeso il rilascio del permesso Ce ai familiari che non dimostrano di avere anch’essi soggiornato regolarmente in Italia per almeno cinque anni. Pur tuttavia, come alla Questura di Trento per esempio, a fronte di una richiesta di Permesso di soggiorno Ce per familiare non avente il requisito dei cinque anni, su richiesta dell'interessato viene rilasciato un permesso di soggiorno per famiglia della durata di due anni rinnovabile.
E' bene ricordare che la richiesta del permesso Ce, a differenza della richiesta del permesso per motivi di famiglia, comporta per il richiedente una maggiore spesa, derivante dalla necessità di produrre i seguenti documenti:
- il certificato del casellario giudiziario e il certificato delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso rilasciati dal Tribunale competente per territorio;
- il certificato di idoneità alloggiativa;
- il certificato del legame di parentela tradotto e vidimato dalle autorità consolari italiane, salvo ingresso per ricongiungimento familiare.
E' opportuno ricordare che al titolare del permesso di soggiorno Ce a differenza del titolare di un permesso di soggiorno per lavoro o per famiglia ha la possibilità, se ne sussistono i presupposti, di accedere:
- a tutte le provvidenze per gli invalidi civili (ivi compreso il minore iscritto sul titolo di soggiorno del genitore);
- all’assegno di maternità;
- all’assegno sociale (che abbia almeno dieci anni di residenza).
Nei confronti del titolare del permesso Ce inoltre l’espulsione amministrativa può essere disposta solo per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale, ovvero quando lo straniero appartenga ad una delle categorie di cui all'art. 1 della legge n. 1423/56 o di cui all'art. 1 della legge n. 575/65 (persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità oppure indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso).
Contro il rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno CE può essere proposto un ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) entro 60 giorni dal provvedimento. Il Tar ha la competenza a giudicare sui ricorsi proposti contro atti amministrativi da privati che si ritengono lesi (in maniera non conforme all'ordinamento giuridico) in un proprio interesse legittimo. Le decisioni del Tar possono essere appellate davanti al Consiglio di Stato.