Vai menu di sezione

Cantieri “plurilingue”

20/12/2012

Presentati i dati del VII rapporto Fillea-Ires Cgil sui lavoratori immigrati nel settore delle costruzioni

I lavoratori stranieri nel settore edile in Italia si attestano a quota 346mila, ovvero il 19,2% del totale della manodopera. E' quanto emerge dal VII rapporto Fillea-Ires Cgil sui lavoratori immigrati nel settore delle costruzioni, presentato recentemente. Il rapporto evidenzia che nel corso degli ultimi quattro anni la forbice del differenziale retributivo tra italiani e stranieri si è ulteriormente allargata passando dal 4,1% del 2009 al 10,5% del 2012. Inoltre la presenza della manodopera immigrata si concentra in attività maggiormente dequalificate: il 58% degli immigrati nel 2011 ha lavorato come operaio comune rispetto al 29,5% dei lavoratori italiani, mentre gli operai specializzati e di IV livello rappresentano l’11,5% della forza lavoro immigrata a fronte del 35% degli italiani. Dallo studio emerge anche che per la prima volta nel 2011 e 2012 si arresta la crescita dell'occupazione immigrata nel settore edile.
Oltre alla consueta fotografia sulla presenza dei lavoratori stranieri nel settore delle costruzioni, il Rapporto quest’anno è stato arricchito di una indagine sull’impatto della crisi da un lato e sulla qualificazione del lavoro dall’altro attraverso la percezione e la testimonianza diretta dei lavoratori.
L'indagine evidenzia che le paure maggiori dei lavoratori immigrati sono quelle di perdere il lavoro o di lavorare in condizioni ulteriormente difficili e pericolose. Allo stesso tempo è molto alta anche la paura di essere costretto a lavorare in nero e di diventare ancora più ricattabile. Rispetto agli effetti della crisi sul lavoro la maggior parte degli intervistati ha risposto dicendo che le retribuzioni si sono abbassate e che le condizioni di lavoro sono peggiorate, con crescita di lavoro nero e allungamento degli orari di lavoro. Oltre a quelli sul lavoro la crisi ha prodotto cambiamenti nella vita dei lavoratori migranti: in primis la riduzione dei consumi, ma spesso anche il cambio nel progetto migratorio, con l’ipotesi di emigrare verso altre destinazioni oppure di fare ritorno al Paese d’origine.

torna all'inizio del contenuto
Pubblicato il: Venerdì, 21 Dicembre 2012 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

Valuta questo sito

torna all'inizio del contenuto