25/01/2009
Qual è in Trentino la portata del fenomeno delle assistenti familiari, le cosiddette “badanti”? E quali prospettive si delineano per il futuro di questo settore?"Badanti", servono tutela e formazione
Qual è in Trentino la portata del fenomeno delle assistenti familiari, le cosiddette “badanti”? E quali prospettive si delineano per il futuro di questo settore? Se ne è parlato a Rovereto in un seminario dedicato al mondo dell'assistenza familiare. Un settore strettamente legato al fenomeno migratorio, in particolare alle migrazioni femminili dall'est europeo. Al seminario, organizzato dal consorzio della cooperazione sociale Consolida in collaborazione con il consorzio Promocare e la società Cooperjob, hanno partecipato rappresentanti di enti e associazioni legati a vario titolo al tema dell'assistenza familiare. Sul tavolo la bozza di un progetto che intende “riordinare” il settore attraverso l'accompagnamento delle famiglie bisognose di aiuto per l'assistenza ai loro congiunti, fino all'assegnazione delle risorse umane più idonee in base alle diverse necessità. Sono stati principalmente due i concetti emersi nel corso dell'incontro: innanzitutto la necessità di tutelare i diritti di chi lavora nel campo dell'assistenza familiare; in secondo luogo, l'importanza di una formazione specifica per chi opera in questo delicato settore, come ha sottolineato il presidente della cooperativa “La Casa” Menapace. Un settore che, ha affermato il presidente della cooperativa Promocare Colato, registra una certa propensione delle famiglie al “fai da te”. Una “pratica” che in assenza di una esauriente informazione in questo ambito lavorativo potrebbe derivare dalla necessità delle famiglie di trovare velocemente una soluzione al bisogno di assistenza dei loro cari. Le cifre fornite dal vicepresidente di Consolida Tait aiutano in tal senso a cogliere la portata della situazione: gli anziani ultrasettantacinquenni residenti in Trentino sono il 9,5% della popolazione. I servizi esistenti contano 4.400 posti nelle RSA e 250 posti nei Centri diurni anziani, mentre sono 950 gli utenti dei servizi di assistenza domiciliare. A fronte di queste cifre, sono 6.000 le “badanti” stimate nel 2008 in Trentino. Sul piano della retribuzione, il costo per una famiglia di una “badante” in nero si aggira sui 900/1.000 euro, mentre per una posizione “regolare” il costo è intorno ai 1.200/1.300 euro. E l'irregolarità, come ha affermato il rappresentante della Uil Tomasi, spesso non deriva da una precisa volontà delle famiglie, ma dal loro “disorientamento” rispetto alle procedure di assunzione e regolarizzazione. Per completare il quadro il coordinatore responsabile del Cinformi, Pierluigi La Spada, ha aggiunto che spesso l'assistenza familiare è la prima esperienza lavorativa svolta dalle cittadine immigrate che tendono poi (vista la particolare onerosità delle mansioni) a cercare occupazioni meno pesanti. Proprio per capire meglio il quadro della situazione in Trentino il Centro informativo per l'immigrazione della Provincia autonoma di Trento ha avviato un progetto di ricerca teso a rilevare il fabbisogno formativo delle assistenti familiari attraverso l'ascolto delle stesse famiglie. La ricerca sarà realizzata attraverso questionari, interviste e focus group di approfondimento. In particolare, verrà valutata l'opportunità di organizzare percorsi di formazione in Italia per le lavoratrici già presenti sul territorio nazionale e percorsi di formazione all'estero per consentire l'ingresso “fuori quota” (e con il permesso di soggiorno in regola) delle lavoratrici ancora in patria. Ciò potrebbe permettere di soddisfare la crescente domanda di assistenza alla persona delle famiglie trentine. Insomma, quello dell'assistenza familiare appare come un settore del welfare sul quale è necessario intervenire. Sul fronte della sensibilizzazione delle famiglie e dell'integrazione delle lavoratrici (ad esempio con i corsi di lingua italiana) un percorso è già stato avviato, come ha affermato il direttore della Caritas diocesana di Trento Calzà, ma resta il fatto che – come ha detto l'assessore comprensoriale Manfrini – il settore pubblico non è sempre in grado di soddisfare completamente la domanda di assistenza che arriva dalle famiglie.