17/01/2010
"Al di là delle appartenenze riconoscendoci come persone mettiamo a fuoco nell’altro ciò che lo accomuna a noi"Tutti noi siamo migranti
Chi sono i migranti? E, specularmente, chi sono gli autoctoni? Crediamo di avere delle risposte a queste domande anche se già la costruzione dell’Europa unita ha modificato e continua a modificare una delle categorie che abbiamo adottato per distinguere fra “noi” e “loro”, quella degli “extracomunitari” (a cui fino a poco tempo fa associavamo ad esempio anche gli ungheresi o i rumeni). Ma i passaporti, i confini, gli accordi internazionali cambiano nel tempo, noi trentini lo sappiamo bene visto che fino alla fine della Prima guerra mondiale eravamo considerati tirolesi, cosa che ha creato qualche difficoltà ai nostri emigranti quando hanno cominciato a richiedere la cittadinanza italiana. Se guardiamo un po’ più in profondità, però, ci accorgiamo che definire chi siamo “noi” e chi siano “loro” comporta anche problemi di altra portata. La storia dell’umanità è una storia di migrazioni. Lungo le loro rotte sono passati i popoli perseguitati, come quello ebraico, che affonda la sua identità nell’esodo e nella diaspora. Sulle rotte dei migranti hanno viaggiato le grandi religioni, diffondendosi nel mondo; Cristo stesso le ha percorse, e così i suoi genitori - Giuseppe e Maria - che in fondo erano dei viaggiatori costretti a cercare un’ospitalità per la notte, in una città e una regione che non conoscevano, nella notte più fredda dell’anno, e che furono anche “rifugiati politici” in Egitto. Gli apostoli hanno diffuso la parola di Dio nel mondo allora conosciuto, dall’Asia minore a Roma, il cuore dell’Impero. Chi ha ereditato il loro impegno evangelico si è spinto fino alle foreste germaniche, alle isole britanniche, e poi, più tardi, oltreoceano, alle Americhe, all’Africa, all’Asia. La stessa storia delle terre alpine è una storia di migrazioni; l’Autonomia del Trentino, così come quella dell’Alto Adige/Südtirol avrebbe meno senso se in questa regione non si fossero trovate a convivere - a causa delle migrazioni dall’Italia e dalle aree tedesche al nord delle Alpi succedutesi nel corso dei secoli - popolazioni di lingua e cultura diverse. Se oggi celebriamo, giustamente, la Giornata mondiale delle migrazioni, dobbiamo dunque chiederci in primo luogo chi sono i migranti; solo quando avremo ben chiaro che migranti siamo tutti, che tutti noi siamo il frutto di incontri, confronti, mescolanze, “contaminazioni”, potremo riconoscere in quelli che le leggi classificano oggi come immigrati, i nostri fratelli, nei quali specchiarci. Tuttavia, mai come oggi la condizione del migrante è una condizione difficile. L’attuale disciplina sui respingimenti adottata dal nostro Paese - oggetto di critiche sia da parte dell’Onu che di Bruxelles, quantunque forse la stessa Europa non abbia in tutto e per tutto la coscienza a posto - è lì a dimostrarlo. Migranti respinti nelle loro terre, spesso senza nemmeno accertare se il loro status non potrebbe essere invece quello di “rifugiati”; migranti a volte respinti in terre a cui sono estranei, verso Paesi come la Libia, ad esempio. Migranti criminalizzati perché clandestini, senza distinguere in base alla loro condotta. Migranti sfruttati dalle economie sommerse o criminali, e perseguitati se osano protestare, come nelle mille Rosarno d’Italia. Il Trentino ha cercato - sta ancora cercando, perché è di nuovo di un cammino che stiamo parlando - un’altra strada. Lo fa già dalla creazione, qualche anno fa, del centro Cinformi, per attuare politiche di accoglienza degne di questo nome. Lo fa da molto tempo con le straordinarie risorse del suo volontariato, che traduce il concetto astratto di sussidiarietà in prassi operativa concreta, in mille benefici rivoli che scorrono verso chi ha più bisogno, placando almeno un poco la sua sete. Lo fa anche grazie all’apertura, alla capacità di dialogo, allo spirito autenticamente cristiano che ispira l’operato della nostra Diocesi, del nostro vescovo, dei tanti parroci che animano le nostre comunità. Il Piano della Convivenza che la Provincia autonoma di Trento ha adottato nel febbraio 2009, dal canto suo, mette al centro due concetti fondamentali: la valorizzazione delle differenze e la centralità della persona. Valorizzare le differenze significa considerare la diversità come fonte di ricchezza, un principio che è parte integrante, lo sottolineiamo di nuovo, della nostra Autonomia speciale. Significa anche accogliere la novità straordinaria che ogni bambino porta nel mondo, e questa Giornata dei migranti, lo ricordiamo, è dedicata proprio ai bambini, ai minori stranieri che si trovano a cavallo tra la cultura dei genitori e quella del paese di accoglienza sperimentando, quindi, tutte le contraddizioni dell’incontro tra culture, spesso senza poterne godere i vantaggi. Ciò non vuol dire annullare le differenze, naturalmente, o disconoscere l’esistenza di un forte, solido, sostrato culturale e valoriale, su cui la comunità trentina ha edificato il benessere di oggi, la sua qualità della vita. Significa però accettare il fatto che nessuna cultura è immutabile e impermeabile, che si cresce attraverso l’incontro con l’altro, imparando a governare le proprie paure e a trarre gioia dall’esperienza del dono, che da sempre è il gesto con cui gli uomini testimoniano della loro volontà di fare amicizia anche quando sono stranieri gli uni agli altri. Da qui anche alla centralità della persona, al di là delle appartenenze “chiuse” ad una etnia, ad uno schieramento politico, persino ad una chiesa. Perché riconoscendoci come persone mettiamo a fuoco nell’altro ciò che lo accomuna a noi. La sua umanità, certo. E, se vogliamo, quella scintilla divina che ognuno si porta dentro.
riflessione di Lia Giovanazzi Beltrami - assessore alla solidarietà internazionale e alla convivenza della Provincia autonoma di Trento, sul quotidiano il "Trentino" del 17/01/2010 in occasione della giornata mondiale delle migrazioni