31/05/2010
La ricerca è nata dalla necessità di conoscere in modo approfondito alcune zone urbane del TrentinoTrentino, studio delle zone di marginalità sociale
Nei mesi scorsi il Cinformi ha realizzato in collaborazione con Officina sociale (che ha elaborato la proposta) il progetto di ricerca “Zone di Marginalità Sociale” e che verrà presentata a novembre all’interno del Rapporto annuale 2010 sull’immigrazione in Trentino.
La ricerca è nata dalla necessità di conoscere in modo approfondito alcune zone urbane del Trentino (nel caso specifico quella di Trento) in cui si sviluppano le interazioni e la vita quotidiana di soggetti marginali al contesto sociale economico e culturale locale.
Oltre a mappare i principali luoghi di marginalità sociale, la ricerca si è prefissata l’obiettivo di raccogliere anche informazioni sugli attori sociali che li frequentano abitualmente e sulle dinamiche interazionali che caratterizzano la loro quotidianità.
Lo strumento privilegiato per la rilevazione dati è stato quello dell'osservazione partecipante ovvero cercare il più possibile di vedere le cose con gli occhi degli attori che il ricercatore sta studiando tentando, attraverso di essa, di entrare in comunione per comprendere la forma e l’intensità della vita intima degli attori. Tra le zone più note della città di Trento mappate ci sono l’ex-Sloi, l’ex-Italcementi e Piazza Dante.
Ecco alcune anticipazioni della ricerca (già presentate ai servizi sociali) tratte dalle conclulsioni su cui sta lavorando il coordinatore scientifico della ricerca stessa Charlie Barnao.
Le popolazioni marginali occupano zone della città sempre meno accessibili e isolate.
Politiche di accoglienza/rifiuto, nuovi flussi migratori, ecc., generano dinamiche di espulsione/emarginazione che portano gli attori marginali a vivere la propria lotta quotidiana per la sopravvivenza in luoghi sempre più periferici e/o meno visibili. Tutto ciò determina pericolose situazioni di isolamento soprattutto per i soggetti più deboli (donne, bambini, malati, ecc.).
Le popolazioni marginali sono alla continua ricerca di “normalità”.
La “vita di casa” nella sua routine quotidiana e la dimensione della “vita di piazza” come modello interazionale privilegiato con gli altri abitanti della città, sembrano emergere come le espressioni più chiare di ricerca di normalità e stabilità relazionale da parte di coloro che vivono la propria condizione di disagio nelle zone di marginalità urbana.
Le popolazioni marginali sviluppano e praticano tutta una serie di lavori ombra.
Si tratta di attività legate all'economia informale che hanno il fine di procacciare quelle risorse (materiali e psicologiche) necessarie alla sopravvivenza quotidiana nella costante ricerca di normalità. Gli attori marginali sono portatori di notevoli risorse personali (culturali, psicologiche, ecc.) che permettono loro di realizzare delle attività specifiche della “società ombra” di cui fanno parte e che sono il risultato del continuo adattamento che la vita di strada e la marginalità sociale impongono loro.
Le popolazioni marginali sono costituite da categorie “vecchie”, con caratteristiche e bisogni già conosciuti, alle quali, negli ultimi anni, si sono aggiunte nuove categorie con caratteristiche nuove e bisogni specifici.
Dall'osservazione fatta emergono nuove forme di marginalità e nuovi bisogni. Ad alcuni “tipi tradizionali” di persone senza dimora, ad esempio, (barboni, alcolisti, tossicodipendenti, ecc.) oggi, di fatto, si aggiungono soggetti marginali che fino a qualche tempo fa erano poco presenti (ad es. donne sole, nuclei familiari) o non erano affatto presenti (ad es. bambini) sulle strade di Trento. Si tratta spesso, come nel caso delle donne sole e dei bambini, di soggetti estremamente deboli che lottano quotidianamente all'interno di contesti di “vita estrema”.
Le forme di accoglienza e di aiuto devono tener conto dei nuovi bisogni.
Sembra necessario riformulare le modalità d'accoglienza e di aiuto sulla base dei nuovi bisogni di cui sono portatori i soggetti marginali. Le forme di aiuto e di accoglienza attualmente presenti sono, infatti, calibrate sui bisogni di categorie di marginalità sociale che non sono più presenti sul nostro territorio o che sono presenti molto meno che in passato.
Il contatto su strada è indispensabile per la conoscenza del fenomeno della marginalità urbana e per l'intervento su di esso.
Solo il contatto diretto su strada con la marginalità permette di cogliere in tempo le trasformazioni sociali e, quindi, di rilevare le informazioni necessarie per un'adeguata analisi dei bisogni ed una conseguente risposta efficace ai diversi e sempre nuovi bisogni.
Il vicinato non ha paure particolari legate alla sicurezza.
Dalle osservazioni effettuate è emerso, in modo per certi versi inaspettato, che coloro che vivono nelle zone limitrofe alle zone di marginalità urbana individuate, denunciano bisogni che sono principalmente legati all'igiene, al decoro urbano, alle problematiche ecologiche delle aree da loro abitate. Non sembra infatti prioritario, in tali zone, il tema della sicurezza legato alla criminalità.
Servono figure di mediazione sociale formate e attrezzate per l'intervento nelle zone di marginalità sociale.
Al di là della zona di piazza Dante (zona in cui già intervengono da diversi anni altre unità di strada del privato sociale) le altre zone in cui si è svolta l'osservazione non sono coperte da un'azione sistematica dei servizi sociali. Sarebbe di particolare utilità la progettazione di uno strumento duttile e flessibile capace di adattarsi a un continuo lavoro di rilevazione dati (analisi dei bisogni) e progettazione di interventi sulle situazioni di marginalità che si presentano in forme spesso nuove e imprevedibili. La distanza che già separa la “società normale” e la “società ombra” della marginalità di strada diventa abissale senza l'azione di figure professionali (ad es. operatori di strada adeguatamente formati) che possano colmare i vuoti di comunicazione che risultano evidenti tra i diversi attori e le diverse culture (strada, forze dell'ordine, vicinato, ecc.) che interagiscono, si intrecciano e, talvolta, entrano in conflitto nel tessuto urbano delle zone di marginalità sociale.