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Politiche urbane e immigrazione

10/05/2007

Politiche urbane e immigrazione, mutamenti nelle città e nei territori in seguito all’arrivo dei cittadini stranieri: sono questi gli argomenti...

Politiche urbane e immigrazione, mutamenti nelle città e nei territori in seguito all’arrivo dei cittadini stranieri: sono questi gli argomenti al centro dell’intervista concessa al Cinformi dal professor Christian Novak del Politecnico di Milano.

Professor Novak, come sono cambiati negli ultimi anni città e territori a seguito di nuovi flussi migratori, in termini di mutamenti nella forma dell’abitare, di vivere, di usare gli spazi? Diciamo che abbiamo superato una fase di inserimento, di sorpresa, di trasformazione veloce degli spazi fisici delle città, anche di territori che non sono esclusivamente quelli urbani. Oggi possiamo leggere le trasformazioni legate all’immigrazione entro territori e contesti più ampi, definire geografie, destini, nuovi quartieri urbani, ma anche capire che alcuni pezzi di territorio italiano stanno cambiando molto più velocemente di quello che potevamo immaginarci pochi anni fa. Faccio riferimento ad esempio a territori agricoli, anche depressi, in cui l’immigrazione è presente, è presente in modo sommesso, all’interno delle cascine disabitate dai contadini e riabitate dai migranti. Si organizza rete, una serie di luoghi centrali che sono prevalentemente luoghi di culto e luoghi di commercio. Questa metafora della rete è sicuramente una metafora che ci è utile, interessante per affrontare anche quello che sta succedendo nelle città. Le città certo hanno dei quartieri che sono cambiati, che hanno cambiato il loro destino, ma sono sempre più dei luoghi in cui l’immigrazione definisce delle reti transnazionali e globali. Quando parliamo di città, quartieri, immigrazione non parliamo soltanto di persone che si inseriscono con problemi economici, linguistici, ecc., ma parliamo di mondi che si trasferiscono e si mettono in relazione tra di loro. Ad esempio, tutta la questione delle rimesse economiche certo non è una dimensione prettamente urbana e spaziale, però è un’immagine anche geografica della nuova economia a livello globale. Se pensiamo che ci sono intere nazioni dove le principali voci del Pil sono le rimesse degli immigrati, capiamo che le nostre città e i nostri territori dove ci sono immigrati sono dei produttori di reddito per l’Italia ma non solo per l’Italia ma per contesti più ampi.

Da un punto di vista di politiche urbane, quali sono le domande cui bisogna attualmente rispondere vista la nuova e complessa realtà delle città e dei territori italiani? Le politiche urbane hanno un atteggiamento molto ambiguo nei confronti dell’immigrazione; in alcuni casi, e sono la maggioranza, le politiche urbane sono orientate alla riqualificazione fisica dei quartieri, che sono spesso quartieri di immigrazione, coincidono spesso con quartieri di vecchia immigrazione, quartieri storicamente popolari delle città: Carmine Minà a Brescia, ma anche via Padova a Milano, tantissimi altri quartieri…San Salvario a Torino e quant’altro. Queste politiche orientate al risanamento e alla riqualificazione fisica non hanno quasi mai al centro – comunque non tematizzano – il tema dell’immigrazione come tema centrale, salvo in pochissimi casi. Il risultato è quello che la popolarità di un quartiere non viene vissuta come una risorsa, un elemento da mantenere, una ricchezza di un quartiere, quindi con la coabitazione di ceti più ricchi, ceti più poveri, di anziani, di giovani, di immigrati, di artisti e quant’altro, ma questa popolarità viene vista come un elemento che crea dei problemi e quindi in qualche modo va spostata o rimossa, o rimaneggiata, trasformata ecc. Questo porta ad un atteggiamento spesso nelle politiche urbane che produce nuovi scenari per i quartieri a seconda degli strumenti che vengono utilizzati. Un esempio tipico è l’inserimento di una sede universitaria in un quartiere popolare con forte presenza di immigrati: l’inserimento dell’università innesca una serie di effetti indotti che spostano sostanzialmente il baricentro nel quartiere da un quartiere popolare a un quartiere di universitari, di città universitaria; quindi locali serali, appartamenti per studenti, luoghi dove mangiare e quant’altro. Altre traiettorie sono quelle della cosiddetta “centrification”, cioè di fare in modo che attraverso la riqualificazione fisica dello spazio pubblico degli edifici entrino e siano sempre più interessate popolazioni più ricche ad entrare e abitare in un quartiere. Questo piano piano crea una fuoriuscita dei ceti più deboli. Questi due meccanismi alla fine uccidono quell’elemento di qualità che era inizialmente un quartiere popolare e lo sparpagliano e lo distribuiscono in altri contesti della città, spesso in quartieri-ghetto pubblici, esterni o periferici alla città e questo, secondo me, è un nodo centrale, è il problema che deve stare alla base del tema della riqualificazione dei quartieri popolari urbani, soprattutto nel Nord Italia.

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Pubblicato il: Lunedì, 03 Settembre 2007 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

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