19/09/2014
Una ricerca fa il punto sui percorsi seguiti dalle persone che partono dall’Africa subsahariana“Le rotte del deserto”
Le “rotte del deserto” seguite dai migranti e richiedenti asilo che partono dall’Africa subsahariana sono al centro di una ricerca in lingua francese e inglese pubblicata recentemente. I viaggi di questi migranti, emerge dall'analisi, sono seguiti nell’80% dei casi da trafficanti e gruppi criminali. La ricerca è a cura del network Global Initiative against Transnational Organized Crime ed è stata realizzata attraverso una serie di interviste in Libia, nei Paesi della regione del Sahel e a migranti dell’Africa occidentale e settentrionale e completata da un’analisi dei dati già disponibili sull’argomento. Secondo gli autori della ricerca, le politiche migratorie dell’UE invece di continuare a focalizzarsi sul respingimento dei flussi migratori dovrebbero affrontare il problema della richiesta di servizi di contrabbando, riducendone la sostenibilità e l’efficacia a lungo termine. Per fornire ai migranti un’alternativa valida all’offerta di servizi fornita dai contrabbandieri è necessario, affermano gli autori, identificare le differenze esistenti tra diversi gruppi di migranti (richiedenti asilo, migranti vittime del contrabbando e migranti vittime della tratta di esseri umani). Fare una distinzione tra questi gruppi di migranti diventa sempre più difficile visto che utilizzano spesso le stesse rotte migratorie per raggiungere l’Europa. Gli attori nazionali e internazionali – proseguono i curatori – devono riesaminare i criteri adottati per identificare i tipi di migranti, affinché i migranti irregolari non vengano lasciati senza strumenti di assistenza.
Le rotte nel deserto
La migrazione clandestina verso l’Italia e successivamente l’Europa - si legge nella ricerca - è caratterizzata da tre rotte migratorie ben precise. La prima è rappresentata dal percorso occidentale, che vede come paesi di partenza il Mali, il Gambia e il Senegal. Il sentiero occidentale incrocia spesso il sentiero centrale, nel Sahel. I paesi di partenza in questo caso sono la Nigeria, il Ghana e il Niger. Infine, c’è il sentiero orientale, che vede come paesi di origine la Somalia, l’Eritrea e il Darfur nel Sud Sudan, le cui rotte tendono a tagliare a nord attraverso il Sudan e l’Egitto per poi proseguire lungo la costa settentrionale dell’Africa. I migranti che percorrono questa rotta arrivano dall’Egitto e dal Corno d’Africa, essenzialmente Somalia ed Eritrea, dove seguono il sentiero che conduce a ovest per sfuggire all’instabilità politica ed economica dell’area. Una quarta via, quella “costiera” diretta verso la Spagna, è oggi chiusa.
Tutte le rotte – proseguono gli autori – convergono nel Maghreb, e negli ultimi anni soprattutto in Libia, dove i migranti attraversano il mare per raggiungere l’Italia. Questa ultima parte del viaggio per l’Europa non riguarda solo i migranti nativi dell’Africa settentrionale, ma un ampio numero di migranti asiatici, una parte significativa dei quali acquistano i visti attraverso i canali illegali del contrabbando.
Secondo il rapporto, gran parte dei migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana conclude il proprio viaggio in Nord Africa e solo una minoranza raggiunge effettivamente l’Europa. La ragione di ciò può essere data dall’impossibilità di pagare la tappa finale del viaggio o il fatto che il Nord Africa stesso venga spesso visto come destinazione finale.
Il viaggio dalla Libia a Lampedusa
La ricerca fa poi il punto sul viaggio dalla Libia a Lampedusa, un viaggio che, in condizioni ottimali, potrebbe durare poco più di un giorno, ma che invece spesso si prolunga per diverse settimane. I migranti – afferma la ricerca – vengono stipati in piccole imbarcazioni di legno o gonfiabili. Ogni imbarcazione può arrivare a contenere 200 persone con scorte di cibo e di acqua inadeguate per affrontare il passaggio in Europa. Il rischio di naufragio è altissimo in quanto le barche sono guidate dagli stessi migranti che non hanno familiarità con le acque del Canale di Sicilia. Il migrante che si assume la responsabilità di guidare la barca durante la traversata può viaggiare gratuitamente. In aggiunta al pericolo, le imbarcazioni sono quasi sempre sprovviste dell’equipaggiamento necessario; di solito sono dotate esclusivamente di una bussola e di un rilevatore per il posizionamento globale (GPS). Per non essere identificate, le imbarcazioni viaggiano sprovviste di bandiera, nome o altro strumento di identificazione, consentendo ai proprietari delle imbarcazioni di restare anonimi ed evitare accertamenti futuri. Ai contrabbandieri – prosegue la ricerca – non interessa affatto se l’imbarcazione riesce a raggiungere l’Europa; al contrario, è persino preferibile che affondi affinché non vi siano testimoni in grado di informare le autorità o avvisare nuovi potenziali “clienti” degli abusi subiti. A tal fine, le barche vengono spesso fornite senza il carburante necessario per raggiungere la costa italiana.
Il business della migrazione
Nell’80% dei casi – si afferma nella ricerca – il viaggio viene “facilitato” dai cosiddetti contrabbandieri di migranti e dai gruppi criminali disposti a fornire una serie di servizi, tra i quali il trasporto, la falsificazione dei documenti, la corruzione dei funzionari di frontiera e i servizi di insediamento. Molti tentano inizialmente di intraprendere il viaggio verso Nord senza l’aiuto dei gruppi criminali, ma incontrano quasi sempre ostacoli di natura legale, geografica o finanziaria. I tentativi falliti li spingono a rivolgersi ai gruppi criminali locali che incontrano tra una tappa e l’altra del viaggio.
Il contrabbando coinvolge una moltitudine di persone che partecipano all’operazione a vari livelli, mettendo in contatto gruppi locali e operatori transnazionali. Durante l’attraversamento da un paese all’altro – prosegue la ricerca – i migranti vengono assegnati a guide diverse che cambiano lungo il tragitto. Le guide sono spesso cittadini locali provenienti dalle regioni di confine dotati di conoscenze e competenze specialistiche, spesso associati alle grandi reti di contrabbando o alle organizzazioni appaltatrici dei servizi per i migranti. Inoltre, attraverso tutta l’Africa, esistono legami etnici che trascendono i confini e che agevolano i collegamenti tra le diverse reti di contrabbando.
Mentre gran parte dei migranti si mette alla ricerca dei contrabbandieri autonomamente, i reclutatori si mettono in contatto con le comunità d’origine dove pubblicizzano i loro servizi facilitando la comunicazione, spesso invogliando le persone ad intraprendere il viaggio per l’Europa sulla base di false promesse riguardo all’intero processo e al tipo di vita che andrebbero a fare una volta raggiunto il Paese di destinazione. Alcuni gruppi di contrabbando – si afferma poi nello studio – sono fortemente radicati in alcune zone africane, al punto che il business del traffico di migranti è diventato una risorsa integrata nelle economie di alcune città.