29/07/2013
Ammontano a quattro miliardi di euro le rimesse inviate dall’Italia verso l’AsiaL'immigrazione asiatica in Italia
Sfiora il milione di persone la presenza di cittadini di origine asiatica in Italia. Ammontano invece a quattro miliardi di euro le rimesse inviate dal Paese verso l’Asia, dato in calo nel 2012. I dati emergono dal report del Centro Studi e Ricerche Idos -Immigrazione dossier statistico con la collaborazione di Money Gram.
Analizzando i dati, l’Italia è oggi tra gli stati membri dell’Unione europea con il maggior numero di presenze asiatiche: se agli inizi degli anni ’90 gli immigrati asiatici erano 100mila, agli inizi del 2012 hanno raggiunto il numero di 942.443 (circa un quarto del totale dei soggiornanti non comunitari) con un incremento di circa nove volte nell’arco di un ventennio.
Nella graduatoria dei primi 20 Paesi non comunitari per numero di soggiornanti in Italia, quelli asiatici sono sei: Cina, Filippine, India, Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan. Cina e Filippine rappresentano, rispettivamente, il 29,5% e il 16,2% dei soggiornanti dell’Asia; il 15,4% è originario dell’India, l’11,3% del Bangladesh, il 10,0% dello Sri Lanka e il 9,6% del Pakistan.
Le donne restano minoritarie tra i bangladesi (29,5%), i pakistani (32,5%) e gli indiani (36,6%), mentre sono più presenti tra i srilankesi (44,1%) e i cinesi (48,7%), per raggiungere la partecipazione massima tra i filippini (58%).
Le regioni italiane nelle quali si sono insediate le collettività asiatiche più numerose sono la Lombardia, dove soggiornano in 274.650 (circa il 29,1% del totale), il Lazio, con 138.837 soggiornanti e una quota del 14,7% sul totale nazionale, seguite dall’Emilia Romagna (106.628 e 11,3%), dal Veneto (104.556 e 11,1%), dalla Toscana (88.061 e 9,3%) e dalla Campania (37.966 e 4,0%).
Dall’Italia principale Paese di destinazione delle rimesse è la Cina (2,5 miliardi di euro nel 2011), seguita da Filippine (601 milioni di euro), Bangladesh (290) e India (206). Nell’insieme l’Asia raccoglie oltre la metà dei flussi di rimesse in uscita dal Paese (52% nel 2011) Dopo la generalizzata crescita degli ultimi anni, un’inversione di tendenza sembrerebbe contrassegnare il 2012, durante il quale tra i principali Paesi asiatici destinatari di rimesse dall’Italia solo la Cina (+5,4% su base annua) e lo Sri Lanka (+23,3%) registrano ancora un aumento dei flussi, mentre tutti gli altri segnano decrementi più o meno intensi (fino al -39% delle Filippine).
Guardando al mondo dell'istruzione, gli alunni asiatici iscritti nelle scuole italiane sono 119.346, mentre sono 12.144 gli iscritti nelle università pubbliche italiane, pari a un quinto degli universitari stranieri. La Cina è il Paese emergente nelle università italiane, con 5.113 iscritti nel 2010/2011, quasi la metà del totale relativo all’Asia e con una quota di nuovi ingressi per motivi di studio pari nel 2011 al 15,9%.
Con la sola eccezione dei filippini, tra i quali le lavoratrici sono il 59%, in tutti gli altri casi nel mercato del lavoro prevalgono gli uomini, in misura pressoché totalizzante nel caso di pakistani (tra i quali le donne sono il 4,3% degli occupati) e bangladesi (la cui quota di donne occupate è del 5,3%).
Ad essere relativamente al riparo dagli effetti della crisi sono soprattutto i lavoratori inseriti nel comparto agroalimentare, in larga maggioranza indiani (che lavorano in questo ambito nel 29,9% dei casi) e, in seconda battuta, quelli attivi nel settore della collaborazione domestica e familiare, che ha fatto registrare una significativa crescita nel numero degli addetti.
I più penalizzati appaiono invece i lavoratori pakistani, per la tendenziale concentrazione nel settore industriale (vi lavorano nel 39,9% dei casi), e soprattutto nel ramo metalmeccanico e in quello edile, entrambi duramente colpiti dalla crisi.
Infine a distinguersi per una rilevante propensione a lanciare la propria impresa, oltre ai cinesi (36.483 titolari di impresa nel 2011, un numero inferiore solo a quello dei marocchini e dei romeni), anche i bangladesi (12.183), i pakistani (5.871) e, seppure in misura minore, gli indiani (2.209). Tra tutti, indiani e bangladesi hanno registrato ritmi di aumento particolarmente sostenuti negli ultimi anni (2005-2011), durante i quali il numero di imprenditori è più che triplicato (rispettivamente +213% e +234%).