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“I belong”, campagna sull'apolidia

20/11/2014

“L’apolidia fa sentire le persone come se la loro esistenza fosse un crimine”

“I belong” è il nome della campagna globale lanciata il 4 novembre 2014 con l’obiettivo di porre fine entro 10 anni al problema dell’apolidia, “un limbo legale devastante – afferma l'Agenzia Onu per i rifugiati – per milioni di persone al mondo a cui non è riconosciuta la cittadinanza da nessuno Stato”. Attualmente, fa sapere l'Unhcr, sono circa 10 milioni le persone apolidi nel mondo ed ogni dieci minuti un bambino nasce apolide. Non è concessa loro una cittadinanza, vengono spesso negati diritti e servizi che i Paesi normalmente garantiscono ai loro cittadini. Molte situazioni di apolidia sono una conseguenza diretta di discriminazioni basate sull’etnia, sulla religione o sul genere. Al momento inoltre, aggiunge l'Agenzia Onu, 27 Paesi negano alle donne il diritto di trasferire la loro cittadinanza ai propri figli su base paritaria come gli uomini, una situazione che può creare la trasmissione a catena dello status di apolide di generazione in generazione.
La campagna – afferma una nota – è stata lanciata in presenza di un grande cambiamento a livello internazionale. Solo tre anni fa, infatti, erano appena 100 gli Stati firmatari dei due trattati sull’apolidia (la Convenzione delle Nazioni Unite del 1954 relativa allo status delle persone apolidi e la Convenzione del 1961 sulla riduzione dell’apolidia); oggi ammontano a 144, un numero molto rilevante.
“L’apolidia – afferma Antonio Guterres, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati – fa sentire le persone proprio come se la loro esistenza fosse un crimine. Abbiamo un’opportunità storica per porre fine alla piaga dell’apolidia entro 10 anni, e per ridare la speranza a milioni di persone. Non possiamo permetterci di fallire.”

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Pubblicato il: Venerdì, 21 Novembre 2014 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

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