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Cittadinanza, "la legge va modificata"

23/01/2008

Acquisizione della cittadinanza italiana ed una più efficace programmazione dei flussi d’ingresso dei cittadini stranieri.

Acquisizione della cittadinanza italiana ed una più efficace programmazione dei flussi d’ingresso dei cittadini stranieri. Sono questi gli argomenti affrontati nell’intervista di Andrea Cagol al professor Ennio Codini dell’Università Cattolica di Milano.

Professore, lei che percorso proporrebbe per l’acquisizione della cittadinanza italiana? Certo la legge va modificata; con la legge attuale l’acquisizione della cittadinanza è soggetta anche a meccanismi del tutto arbitrari, quindi si deve cambiare la disciplina. Quanto alle soluzioni, mi sembra che il progetto governativo attualmente in discussione sia interessante, contenga degli spunti interessanti, pare ragionevole portare da dieci a cinque anni, per esempio, gli anni di soggiorno richiesti, come pare ragionevole l’idea di ancorare però l’acquisto della cittadinanza ad un’effettiva integrazione linguistica sociale, anche se nel progetto questo profilo è forse ancora un po’ troppo vago, mentre si potrebbe precisare meglio cosa chiediamo agli stranieri, quale standard debbono raggiungere. Quindi complessivamente il progetto è interessante, è interessante anche per ciò che riguarda le seconde generazioni; oggi noi sappiamo che un figlio di genitori stranieri che nasce in Italia deve aspettare il diciottesimo anno di età per avere la cittadinanza italiana e rischia poi di non ottenerla perché magari ha passato un anno in patria - che ne so dai 14 ai 15 anni - per motivi familiari; questo pare francamente irragionevole. La soluzione deve essere quella di valorizzare altri dati e di dare la cittadinanza anche prima. Non si vede perché - e il progetto va un po’ in questa direzione - non si debba concedere la cittadinanza ad esempio ai minori stranieri nati o anche entrati in Italia con i loro genitori, che studiano nel nostro Paese e adempiono all’obbligo scolastico; in fondo la scuola è la principale agenzia di cui disponiamo per l’integrazione dei giovani stranieri e allora appare ragionevole valorizzare la scuola piuttosto che il dato formale della residenza ininterrotta per dieci anni che è molto meno significativo.

Professor Codini, che caratteristiche dovrebbe avere, secondo lei, la programmazione dei flussi d’ingresso per dimostrarsi maggiormente efficace? Il tema è molto complesso. Noi sappiamo che il meccanismo legale d’ingresso si è rivelato inefficace anzitutto perchè l’idea della legge per cui lo straniero prima deve avere un lavoro e poi entrare nel territorio si è rivelata del tutto irrealistica. Gli stranieri si muovono sul mercato del lavoro come gli italiani, quindi non vengono assunti se non previo un contatto personale con il datore di lavoro. Quindi innanzitutto bisogna intervenire su quel meccanismo, consentendo l’ingresso dello straniero per ricerca di lavoro, ovviamente con determinate garanzie sia quanto ai suoi requisiti soggettivi, sia quanto al suo patrimonio, sia quanto a chi si fa garante del percorso di integrazione. Per quel che riguarda il meccanismo della programmazione in sé e per sé, io credo, per esempio, che si debba superare l’idea di una programmazione annuale. Non mi sembra che abbia molto senso, anche perché abbiamo visto in questi anni che la domanda e l’offerta di lavoro immigrato non variano da anno ad anno, non sono legati alla congiuntura economica, perché il fabbisogno dei lavoratori nell’agricoltura o di assistenti nella famiglia non varia di anno in anno, quindi si può tranquillamente passare - per cominciare - ad una programmazione almeno triennale, anche perché i processi di programmazione sono estremamente lunghi e complessi, i decreti quote arrivano con straordinario ritardo tutti gli anni. Quindi per cominciare si dovrebbe semplificare con una programmazione pluriennale come primo dato. Un secondo dato che secondo me è importante è questo: noi abbiamo avuto in questi anni una programmazione dei flussi sostanzialmente nell’ottica della programmazione economica; ci servono tanti tornitori, ci servono tanti mungitori, ci servono tante badanti - per utilizzare il termine in uso - e le facciamo entrare. Ma poi gli stranieri cambiano lavoro, poi ottengono il ricongiungimento, probabilmente la programmazione dovrebbe essere legata, più, prima ancora che a logiche economiche, a logiche di sostenibilità sociale, cioè il discorso dovrebbe essere “quanti stranieri possono trovare collocazione in Italia considerati i trend demografici e considerate le capacità di inclusione del welfare state”; questi sono i numeri da considerare, piuttosto che fare riferimento a logiche di programmazione economica che mi sembrano francamente in generale superate e in questo caso poco ragionevoli.

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Pubblicato il: Martedì, 27 Maggio 2008 - Ultima modifica: Mercoledì, 27 Giugno 2018

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